La Cappella Sansevero (3)

La storia architettonica della Cappella è strettamente legata a quella del Palazzo Sansevero. I lavori cominciarono intorno al 1740 e Raimondo si impegnò in prima persona nella ristrutturazione della cappella. Il principe chiamò Corradini per i lavori, ma il sodalizio non durò a lungo, a causa della morte di Corradini, eppure produsse dei grandissimi risultati. Nel 1748 affidò al pittore Francesco Maria Russo l’affresco della volta e Francesco Queirolo per realizzare alcune sculture, quali i medaglioni con i ritratti dei cardinali del casato e il “Disinganno”, una meravigliosa scultura rappresentante il padre di Raimondo. Il rapporto con Queirolo finì molto male, a causa dei problemi finanziari di Raimondo, prima con un licenziamento e poi con un processo.

Il principe mantenne l’impianto secentesco della cappella: la volta a botte, una navata unica con quattro archi a tutto sesto per ogni lato, in cui si possono ammirare i monumenti sepolcrali del casato, il cornicione creato con un mastice inventato da lui, la finta cupola all‘altezza dell’abside. Egli dedicò tanti anni e soldi nella ristrutturazione della cappella e, nel suo testamento, chiese che i suoi eredi la mantenessero in buono stato e non modificassero nulla, ma non fu esaudito che nel XX secolo. La Cappella Sansevero è un omaggio che Raimondo ha voluto fare ai suoi antenati, ma non solo. Sul piano simbolico, la Cappella è un messaggio esoterico e un vero e proprio percorso iniziatico in tutti i suoi elementi: il Cristo velato sarebbe l’iniziazione di un Mastro massone di terzo grado magistrale, il Disinganno con il tema del cieco che ritrova la vista, la Pudicizia, on i suoi rimandi ai riti massonici, gli obelischi e le colombe, la cripta come grotta iniziatica, i imboli del triangolo e del delta, il pavimento a labirinto.

Una visita virtuale
Dall’ingesso principale si entra nell’unica navata, in fondo a cui si trova l’abside con l’altare maggiore. Le due pareti mostrano ognuna quattro archi a tutto sesto che ospitano un monumento sepolcrale, tranne che il terzo sulla sinistra, in cui si trova l’ingresso laterale, e il terzo sulla destra, che ospita l’accesso al passetto che conduce al sepolcro di Raimondo stesso.

Il soffitto incanta per la brillantezza dei colori oloidrici di invenzione del principe; esso termina con sei medaglioni monocromi verdi raffiguranti i santi protettori del casato di Sangro. Le tombe poste sulle pareti laterali sono dedicate agli antenati famosi di famiglia, mentre le statue sono dedicate alle donne della famiglia, tranne il Disinganno, dedicato al padre Antonio.

Il Cristo Velato
Si tratta forse della scultura più famosa della cappella e di Napoli. Lo scultore, Sanmartino, produsse un vero e proprio capolavoro in soli tre mesi. Perfino Antonio Canova ne rimarrà impressionato al punto da confessare che “avrebbe dato dieci anni di vita” per esserne l’autore. L’opera, posizionata al centro della navata, in realtà avrebbe dovuto essere posta nella cavea sotterranea, ma la meraviglia suscitata dai suoi visitatori ha deciso diversamente. La scultura mostra un Cristo adagiato u un materasso con la testa reclinata su due cuscini, coperto da un velo che aderisce perfettamente su quel corpo morto, mostrando impietoso il segno dei chiodi nelle mani e nei piedi, le linee della casa toracica, i dettagli di gambe e braccia, gli occhi chiusi, il naso, perfino una vena sulla fronte ancora gonfia. Anche per quest’opera le leggende si sprecano; le più famose sono quella che volle Sanmartino accecato dal principe perché non potesse mai riprodurre un’opera così meravigliosa per altri e quella che vuole il velo come vero tessuto marmorizzato grazie ad una sostanza creata da Raimondo. Inutile dire che nessuna delle due leggende è vera.

Disinganno
Alta meravigliosa opera della cappella è il Disinganno, scultura dedicata e raffigurante il padre di Raimondo di Sangro, Antonio. L’opera presenta un uomo che cerca di districarsi da una rete che l’avvolge, simbolo degli “errori giovanili” di Antonio. Opera di Francesco Queirolo, la scultura è innanzitutto un avvertimento a non cedere alle tentazioni. Anche in questo caso, l’immaginazione ha creato una soluzione facile per la maestria con cui l’opera è stata scolpita: la rete, secondo la leggenda, è frutto di un’altra marmorizzazione chimica. In realtà, solo la cattiveria dei nazisti presentati a Napoli durante la seconda guerra mondiale dirimerà la questione poiché un soldato, con un colpo con l calcio del fucile, rompendone un pezzo, dimostrò che era marmo.

La Pudicizia
Altra opera famosissima della cappella, è una figura femminile che rappresenta una donna avvolta da un velo che ne mette in risalto le forme. Opera certa di Antonio Corradini, scolpita nel 1751, celebra la madre di Raimondo di Sangro, Cecilia Gaetani, morta giovanissima di parto. La statua, che sembra rivolta verso il Cristo velato, poggia la mano su una lapide spezzata, simbolo della vita spezzata in giovane età. Altro elemento meraviglioso è il bassorilievo scolpito sul basamento, sempre opera di Corradini, che raffigura l’episodio del Noli me tangere. Questo episodio sembra voler alludere ad una sapienza riservata agli iniziati, come parrebbe indicare anche la presenza del vaso bruciaprofumi ai piedi della scultura e l’albero della conoscenza del bene e del male.

Il monumento a Cecco di Sangro
Altra opera estremamente interessante, rappresenta un episodio storico e si allontana allo stile degli altri monumenti. L’opera raffigura un guerriero che esce dalla sua bara con la spada sguainata. L’uomo è Cecco di Sangro, nipote del primo principe di Sansevero e l’episodio raffigurato è realmente accaduto: Cecco si fece chiudere in una bara e seppellire all’interno di un castello per poterlo conquistare durante una delle numerose battaglie combattute per Filippo II di Spagna. L’opera fu realizzata da Francesco Celebrano nel 1766 e, nel percorso esoterico, rappresenta la trasformazione del simbolo alchemico del piombo. Altri simboli esoterici e massonici sono da ritrovarsi nella presenza della corazza, simbolo dello zolfo, nell’aquila, simbolo del mercurio, nella presenza dei grifoni. Lo stesso Cecco, nella sua posa, rappresenta il fratello Copritore, cioè quello che ha il compito di proteggere l’ingresso della loggia massonica.

La vita di Raimondo di Sangro   –   Le invenzioni di Raimondo di Sangro   

 

Gioia Nasti
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