Pietro da Eboli e il De Balneis Puteolanis

Conosciuto anche con il nome di De Balneis Terrae Laboris, i Bagni Puteolani è un poemetto didattico medievale attribuito a Pietro da Eboli, che descrive le terme di Pozzuoli e Baia e le loro virtù curative. Scritto alla fine del XII secolo, è formato da 37 epigrammi ciascuno di sei distici ed è dedicato all’imperatore del Sacro Romano impero Federico II. Nel poemetto sono descritti più di trenta siti termali, molti dei quali distrutti dall’eruzione del 1538, che creò il Monte Nuovo. Di questo poemetto furono redatte poi successive versioni, corredate da meravigliose immagini di bagni termali.

Originario di Eboli, nella parte più a sud della Campania, attivo già alla fine della dinastia normanna, si trova nei pressi di quella che, per tutta la durata della presenza normanna, era la città più importante, cioè Salerno, e che era decaduta come conseguenza delle lotte per la successione tra il 1191 ed il 1193. Allora, il polo culturale si era trasferito verso Capua e Montecassino e la scelta di Pietro di trattare un argomento che coinvolgesse Baia e Pozzuoli era un segno tangibile di questo spostamento verso i confini del Lazio. Non si può prescindere però da un certo avvicinamento dell’autore alla Scuola Medica Salernitana e al Regimen Sanitatis, che ne era la sua emanazione. Sebbene Pietro non fosse un medico, nulla impedisce che possa avere comunque ricevuto un’istruzione proprio a Salerno e possa quindi aver versificato una conoscenza medica propria.

Il codice è scritto in minuscola gotica e non in beneventana, tipica dell’Italia meridionale; come genere, non rientra né nella cronaca, né nel panegirico e neppure nell’epica, ma questi tre elementi si ritrovano e producono, insieme, qualcosa di unico e particolarmente caratteristico. Inoltre, è possibile ritrovare alcuni modelli classici, come Virgilio e Ovidio, come ispiratori del poemetto.

Questa mescolanza di modelli classici si nota anche nel verso, il distico, un metro tipicamente ovidiano, utilizzato soprattutto per argomenti amorosi, nella scelta degli argomenti e la loro trattazione e nel linguaggio, caratterizzata dall’alternanza di espressioni classiche e bibliche. Grazie al grande utilizzo delle stazioni termali come luoghi di cura dell’epoca, il poemetto conobbe un’enorme diffusione.

Il manoscritto originale non fu conservato, ma se ne conoscono 25 copie di cui 12 illustrate con miniature preziosissime. La copia più antica, corredata di 18 miniature, risale alla metà del XIII secolo ed è attualmente conservata alla Biblioteca Angelica di Roma. Le miniature sono circondate da una stretta cornice di colore azzurro, verde o rosso e sono realizzate con la tecnica dello sfondo a foglia d’oro. Elementi bizantini si alternano con elementi realistici ed elementi architettonici romani si intervallano a cupole orientali. Le figure umane presentano un aspetto comune, mentre i paesaggi e le ambientazioni variano parecchio.

 

Gioia Nasti
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