I posteggiatori della canzone napoletana (3) Dall’epoca d’oro alla decadenza

Nella seconda metà dell’Ottocento, quindi, la posteggia ha il suo momento di gloria assoluta. Gli interpreti eseguivano un repertorio in continuo aggiornamento, grazie alla produzione instancabile dei poeti e dei musicisti dell’epoca. Ebbe un momento di interruzione con la prima guerra mondiale ma negli anni Venti e Trenta ricominciò con lo stesso vigore di prima. Tra i posteggiatori di alto livello di questo periodo ricordiamo Vincenzo Bellavita, emigrato in America per fare il garzone in una fabbrica di scarpe e poi ritornato a Napoli per nostalgia e riciclatosi a fare il posteggiatore in alberghi, ristoranti e caffè; Pietro Della Rosa, che viaggiò tantissimo, andando a Berlino, Amburgo, Vienna, Budapest, Alessandria d’Egitto, Francia, Inghilterra, perfino in Nord Africa; ; Giuseppe Di Francesco detto ‘o Zingariello, che attraversò tutta Europa e conobbe perfino Wagner, il quale gli propose di trasferirsi in Germania e di cantare per lui e i suoi amici dopo le sue esibizioni al pianoforte.

Agli inizi del Novecento, i gruppi di posteggiatori erano numerosi e aumentavano di giorno in giorno. L’estrazione popolare degli interpreti era sottolineata sempre dai soprannomi che gli affibbiavano, che erano capaci di fotografare le loro virtù o i loro difetti. La loro storia nel Novecento ebbe due grandi svolte: la creazione della Galleria Umberto I e la nascita della Polyphon. L’inaugurazione della Galleria fu la buona occasione per le orchestrine dei posteggiatori per farsi ammirare dai giornalisti stranieri e farsi conoscere quindi anche in tutta Europa. A ciò non corrispose però né una gratitudine da parte degli autori delle nuove canzoni, né un introito maggiore dal punto di vista economico, probabilmente dovuto al retaggio del compenso con il piattino.

Anche la nascita della Polyphon fu per i posteggiatori un’arma a doppio taglio: da una parte, la produzione delle canzoni era incentivata dai contratti che la casa editrice faceva firmare agli autori, dall’altra la creazione dei grammofoni, seguita poi a ruota dall’invenzione della radio, decretò il lento ma inesorabile declino della posteggia, poiché non c’era più bisogno delle orchestrine per ascoltare e conoscere le nuove canzoni. Per anni i posteggiatori continuarono a lavorare nei ristoranti con voce e mandolino, o in alternativa chitarra o fisarmonica. Quelli che arrivarono nel secondo dopoguerra erano più che altro dei posteggiatori improvvisati, non avevano la preparazione musicale adeguata che invece potevano vantare le prime generazioni.

Oggi la posteggia classica sembra conoscere una nuova primavera, soprattutto grazie ai turisti che ambiscono ad ascoltare la gloriosa canzone napoletana classica. Purtroppo, i posteggiatori odierni sono solo un pallido riflesso dei posteggiatori dell’Ottocento e del primo Novecento. Ancora oggi, comunque, si vedono anziani musicisti che girano con la chitarra tra un ristorante ed un bar suonando e cantando ‘O sole mio, Te voglio bene assaje, Canzone appassiunata e tanti, tantissimi altri successi dei secoli scorsi tra gli occhi trasognati dei turisti e le voci che seguono il ritmo.

 

L’epoca d’oro della posteggia

 

Gioia Nasti
© Tutti i diritti riservati