Sant’Antuono, ‘o puorco e ‘o ffuoco

Il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate, un eremita egiziano del III secolo d.C., presumibilmente iniziatore del monachesimo. La sua vita viene narrata da Sant’Atanasio, vescovo di Alessandria, con il quale combatté l’eresia ariana.

Antonio nacque a Coma, in Egitto, nel 2561 d.C., figlio di ricchi agricoltori cristiani, ma, rimasto orfano prima dei vent’anni e con un patrimonio da gestire, decise d donare tutto ai poveri, sistemare sua sorella presso una comunità religiosa femminile e seguire per sé una vita solitaria e di preghiera. Conseguentemente a varie tentazioni, Antonio, per distaccarsi sempre più dai beni terreni, decise di vivere in un sepolcro scavato in una roccia, dove un amico gli portava ogni giorno un po’ di pane. Da una visione, apprese la regola dell’ora et labora, così unì alla preghiera la coltivazione di un piccolo appezzamento di terra. Grandissimo conoscitore delle Sacre Scritture, predicava che la loro conoscenza era la bussola della vita di ogni cristiano.

Sant’Antonio morì da solo, tra i suoi ani ali ed il suo orto all’età di 105 anni e viene ricordato come protettore degli animali e di quelle categorie che con gli animali hanno a che fare, come i salumieri e i macellai.

Sant’Antonio e il maiale
Ci sono diverse leggende relative al rapporto di Sant’Antonio con i maiali. Una racconta che Satana lo volle tentare sotto forma di un maiale, che rappresentava gli istinti più bassi dell’umanità, l’ingordigia e la lussuria, ma nulla poté contro il santo. Ecco perché nell’iconografia cristiana Sant’Antonio viene rappresentato normalmente con un maialino ai suoi piedi, segno della vittoria sulle tentazioni. Un’altra leggenda invece racconta che una mamma scrofa portò il proprio maialino malato al santo e questi lo guarì, facendone un compagno nei giorni a venire.

Questo attaccamento al maiale è evidente, anche in un detto napoletano che recita “Sant’Antuono se ‘nnammuraje d’ ‘o puorco”, per intendere una persona che sia ossessionata da qualcosa o qualcuno che non ha una bella apparenza. Ogni anno, il 17 gennaio, in occasione della festa del santo, molte parrocchie organizzano una messa per benedire gli animali domestici dei fedeli; durante queste messe, ogni fedele può portare con sé il proprio animali (o animali, se ne ha di più) perché vengano benedetti durante la funzione.

Sant’Antonio e il fuoco
Il nome di Sant’Antonio Abate è anche collegato al fuoco in un duplice modo: innanzitutto, con la denominazione di una malattia della pelle fastidiosa e piuttosto dolorosa, il fuoco di Sant’Antonio, appunto. Si tratta di una patologia dermatologica dovuta ad un virus, l’Herpes Zoster, parente stretto del virus della varicella, che produce delle vesciche allungate pruriginose e dolenti. I monaci seguaci di Sant’Antonio curavano questa malattia con degli unguenti prodotti usando il grasso del maiale (e qui il cerchio si chiude) allevati nei loro monasteri.

Ma anche riguardo il fuoco c’è una leggenda interessante: essa narra di Sant’Antonio che decide di andare giù nell’inferno, con l’aiuto del suo maialino, per prendere il fuoco e donarlo agli uomini perché lo usassero per cuocere e riscaldarsi. Per onorare questa storia, ancora oggi molte città organizzano dei falò rigeneratori e purificatori che si tengono il 17 gennaio e che spesso bruciano anche gli alberi di Natale smontati delle feste appena terminate.

 

Gioia Nasti
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