Pulcinella

Pulcinella nasce ad Acerra grazie all’attore della Commedia dell’Arte Silvio Fiorillo all’inizio del Seicento. In origine aveva un aspetto diverso da quello che conosciamo: aveva barba e baffi e indossava un cappello bicorno. Il costume attuale nasce nell’Ottocento grazie ad Antonio Petito, che ne sarà il primo grandissimo interprete. Le teorie sulle sue origini sono diverse, ma le più accreditate sono due: la prima ci presenta l’associazione con un piccolo pulcino per via del naso adunco, la seconda lo accosta ad un contadino, tale Puccio d’Aniello, che, originario di Acerra, si unì come buffone ad una compagnia di girovaghi di passaggio nel suo paese. Un’altra teoria, però, fa risalire il personaggio al Maccus delle Atellane romane, un servo dal naso lungo e dal vestito bianco largo, con pancia prominente, faccia bitorzoluta e guance arrossate. Pulcinella rappresenta il napoletano che, nonostante i suoi problemi, riesce sempre ad uscirsene in qualche modo, sbeffeggiando i potenti e sorridendo alle difficoltà.

Pulcinella, come detto prima, nasce in periferia, immaginata da sempre come un luogo di demenza e diversità; è un servo, cosa che lo rende marginale come gli schiavi delle commedie antiche. Ma Pulcinella è anche il doppio del suo padrone e questo si nota soprattutto durante il Carnevale, quando il suo padrone si traveste da Pulcinella e Pulcinella si traveste da medico, avvocato, poeta, perfino da donna, portando lo scompiglio. Egli rappresenta la plebe, lo scalino più basso della società, quello occupato dall’uomo semplice ed ignorante. Ciò che lo contraddistingue è la sua furbizia, forse ispirata alla napoletanissima “arte di arrangiarsi”, che porta l’uomo ad aguzzare l’ingegno per trarsi d’impaccio. Altra caratteristica peculiare è quella di non riuscire mai a stare zitto; il “segreto di Pulcinella”, infatti, è un modo di dire che indica qualcosa di cui tutti sono a conoscenza. E ancora, Pulcinella è pigro, sempre affamato, sfrontato e ironico; è al tempo stesso un personaggio comico e tragico, affidabile e arrogante.

Pulcinella è colui che non comprende o fraintende (“Perdonatelo, è sciocco!”) e la sua distrazione provoca numerose incomprensioni e diversi disastri. Non a caso, le sue “imprese”, dette pulcinellate, sono l’aspetto della Commedia dell’Arte che mettono in ridicolo e ci permettono di ridere di ciò che invece ci provocherebbe angoscia e insicurezza. Egli non suscita mai meccanismi di immedesimazione perché in lui c’è sempre qualcosa che noi stessi rifiutiamo e che in lui puniamo come se fosse un capro espiatorio.

Pulcinella a teatro

La maschera di Pulcinella fu creata da Silvio Fiorillo nel 1609, protagonista della commedia La Lucilla costante. Imbroglione, furbo e sciocco allo stesso tempo, combinaguai ma capace di rimediare sempre alla fine, avido di denaro ma pezzente, aggressivo, petulante e sempre affamato, Pulcinella riassume tutti quegli elementi che lo caratterizzeranno nei secoli, contrapposto al Capitano spagnolo. Questo Pulcinella è già il re assoluto dell’equivoco verbale per ridere delle parole e dei doppi sensi, di termini volgari e osceni, di logorrea ed invadenza.

Se con il Settecento, Pulcinella viene relegato ad un piano secondario, nell’Ottocento ritorna in auge grazie all’attività di Francesco De Petris, che trasformò le pulcinellate in una vera e propria opportunità per ridere, selezionando tratti comici, alleggerendo le trame, concentrandosi sui dialoghi e restituendo al personaggio la sua vivacità primordiale.

Nonostante la sparizione delle maschere in questo secolo, Pulcinella rimane sulla scena, forse perché legato ad ideali ancestrali, riciclandosi secondo le nuove mode: vengono accentuati i tratti del poveraccio vittima del destino e degli altri, che egli eppure aiuta per realizzare la loro felicità.

A metà secolo, Pasquale Altavilla completa la riforma della pulcinellata, inserendovi spunti di cronaca e vita quotidiana, in una lingua che mescola termini e strutture provenienti dall’italiano e dal dialetto, dal registro letterario e da quello gergale, producendo metafore sessuali, ossimori, vocaboli stravolti, figure etimologiche, in un linguaggio barocco eppure moderno, lasciandolo come unico eccesso in un Pulcinella più moraleggiante. Il Pulcinella più famoso dell’Ottocento è tuttavia quello interpretato da Antonio Petito, nato nell’ambiente dei teatri semi-popolari. Petito proseguì sulla strada tracciata da Altavilla, mostrando un personaggio generoso, buon marito, perfino eroe talvolta, cambiando anche il suo costume in quello che oggi tutti conosciamo.

Con la morte di Antonio Petito nel 1876, Pulcinella scende dai palchi prestigiosi e viene relegato a quelli di terz’ordine. Lo stesso Eduardo Scarpetta contribuisce volontariamente a questo cambiamento nell’importanza della maschera, convinto che i temi comici vadano cercati altrove. Tuttavia, sia Viviani che Eduardo De Filippo ridaranno lustro ed onore al personaggio nel periodo tra fine Ottocento ed inizio Novecento.

 

Gioia Nasti
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