La ruota degli “esposti” all’Annunziata (1)

Nel XIV secolo, per volontà della regina Sancia di Majorca, nacque il Complesso Monumentale dell’Annunziata. La Congregazione della Santissima Annunziata aveva già chiesto al re Roberto d’Angiò di donare loro un piccolo fondo su cui poter costruire una chiesa ed un ospedale grazie alle offerte del popolo. Il re lo concesse e, grazie alla regina Sancia, oltre alla chiesa e all’ospedale, la Congregazione riuscì anche a costruire un ospizio per i trovatelli ed il conservatorio per le esposte. Ben presto la Casa dell’Annunziata divenne una istituzione fondamentale nel Regno di Napoli per gli ammalati e soprattutto per orfani e trovatelli.

La ruota
I bambini indesiderati perché frutto “della colpa” o perché la famiglia era troppo povera per prendersene cura, in principio venivano lasciati sulle scale della chiesa. Ciò li esponeva al freddo, alle intemperie e al pericolo, se non raccolti per tempo. Fu per questo motivo che fu adottata la “ruota degli esposti”. La Ruota garantiva l’anonimato a chi voleva o era costretto ad abbandonare il proprio figlio e dava al neonato la possibilità concreta di sopravvivere. La Ruota era una struttura di legno suddivisa in due scomparti chiusi con uno sportello. Il sistema ingegnoso permetteva alla madre, non vista e quindi in maniera assolutamente anonima, di lasciare il bambino indesiderato nella struttura rotante e di far trovare il neonato direttamente all’interno delle mura del convento. Quando la Ruota girava, infatti, una campanella suonava, avvertendo il personale, in particolare la sorella rotara (cioè colei che era addetta alla Ruota), che era stato lasciato un bambino bisognoso di cure.

Una volta recuperato, il bambino veniva lavato in una vasca posta nelle immediate vicinanze della Ruota, poi, prima di essere affidati alla nutrice, veniva imposto un laccetto con una placchetta di piombo recante, da un lato, il numero di matricola, e, dall’altro, l’immagine della Madonna dei Repentiti. Accanto alla Ruota c’era anche un’altra fessura nel muro, nella quale si poteva lasciare qualche offerta oppure in cui i genitori potevano lasciare qualche oggetto o gioiello in oro o argento o un semplice documento che potesse, in seguito, identificare il neonato abbandonato: un orecchino, una moneta oppure un’immagine sacra, una carta da gioco o una medaglia spezzati a metà che potessero essere ricongiunti soltanto da chi possedeva l’altro pezzo, in un auspicabile momento successivo di ricongiungimento. Tutti i segni particolari e gli oggetti, se trovati, venivano annotati in un registro per rendere più semplice in seguito il riconoscimento.

‘E figlie d’ ‘a Madonna
I piccoli ospiti del brefotrofio erano comunemente chiamati “i figli della Madonna” poiché erano affidati alla Mamma Celeste, che vegliava su di loro e venivano assistiti fino alla maggiore età. Si garantiva loro inoltre una minima istruzione che li aiutasse ad imparare un mestiere, mentre alle bambine era garantita anche una dote per sposarsi. A tutti loro veniva dato un cognome enormemente diffuso a Napoli: Esposito, che deriva proprio da “esposto”. Soltanto nei primi anni dell’Ottocento che Gioacchino Murat abolì questa usanza per impedire che i bambini fossero individuati da un marchio infamante.

Nel 1875, la Ruota fu definitivamente chiusa poiché si era intanto diffusa la pessima usanza di abbandonare anche adolescenti nella Ruota, che, per le esigue dimensioni, li costringeva a posizioni innaturali che causavano malformazioni permanenti. Oggi, la Ruota 2.0 è la culla termica, che, all’esterno degli ospedali, garantisce, in maniera più affidabile, la stessa prontezza e cura dell’antica Ruota.

 

Gioia Nasti
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