C’era un crescente attrito tra Ferrante e il Papa, dovuto al supporto che egli voleva dare ai baroni ribelli. Il Papa, infatti, oltre all’odio naturale per il re di Napoli, aveva un interesse personale poiché voleva assicurare al proprio figlio naturale un feudo nell’Italia meridionale. Ma Ferrante era vigile e, grazie alle alleanze con Firenze e Milano, portò la battaglia nello Stato della Chiesa. Innocenzo VIII, allora, pensò che fosse meglio trovare un accordo, che fu firmato ad agosto 1486 e in cui si garantiva un’amnistia per i congiurati. Invece, Ferrante organizzò un finto matrimonio di una sua nipote con uno dei congiurati e, quando tutti furono riuniti nella Grande Sala dei Baroni, fece chiudere le porte ed arrestare tutti i baroni. Le famiglie Petrucci e Coppola furono condannate a morte. Gli altri continuarono la lotta ed attentarono la vita del re. Allora Ferrante incaricò il duca di Calabria di allestire l’esercito per debellare i ribelli. Soltanto Antonello Sanseverino riuscì a fuggire in Francia; gli altri, una volta imprigionati, morirono quasi tutti nelle patrie galere. Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico e di Innocenzo VIII, anche Ferrante morì a febbraio 1494, abbattuto anche dalla morte della figlia Eleonora, lasciando il regno al figlio Alfonso.
Ma le nuvole già si addensavano sul nuovo re: Carlo VIII, re di Francia, vantava i diritti del trono grazie all’adozione di Luigi I d’Angiò da parte della regina Giovanna, così scese in Italia supportato da Ludovico il Moro e da Piero dei Medici e rinforzato dagli esuli napoletani. Arrivato a Roma, ebbe la concessione dal nuovo Papa, Alessandro VI Borgia, di passare per raggiungere il regno di Napoli. Alfonso II aveva inviato il figlio Ferrandino per cercare di fermare le truppe ostili, ma non ci era riuscito. Decise quindi di abdicare in favore del figlio, sperando che il nuovo re potesse intrattenere rapporti più amichevoli con i nemici. Purtroppo, così non fu; Ferrandino dovette ritirarsi a Ischia con tutta la famiglia e poi veleggiare verso la Sicilia, dove l’anno dopo Alfonso morì.
Carlo VIII entrò quindi a Napoli trionfalmente, inneggiato da tutto il popolo, ma l’illusione di un governo migliore durò molto poco, perché furono disattese tutte le promesse, il peso fiscale aumentò, i privilegi del regno non furono mantenuti e perfino gli esuli rientrati non riottennero i feudi persi. Inoltre, i soldati al seguito fecero saccheggio ed oltraggio sia sugli uomini che sulle donne. Infine, la presenza francese sul territorio italiano spaventava parecchi signori, non da ultimo il Papa, che, con Venezia e Ludovico il Moro creò una lega per contrastare Carlo VIII. Avvertito dal suo ambasciatore a Venezia, Carlo decise di lasciare il regno di Napoli, non prima di farsi incoronare dall’arcivescovo re di Sicilia e di Gerusalemme.
Ferrandino poté quindi rientrare a Napoli; a marzo del 1496, sposò la propria zia, la ventiduenne Giovanna d’Aragona, ma dopo sei mesi dalle nozze, a 30 anni, morì senza eredi. I nobili fecero allora proclamare re lo zio del re morto, Federico, ma il suo regno non ebbe lunga durata. Il cambiamento della politica estera del Papato e di Venezia favorì una nuova invasione francese con Luigi XII, alleato con Ferdinando d’Aragona, zio di Federico. I due avevano sottoscritto un patto: alla Francia sarebbero toccati i territori da Napoli agli Abruzzi, mentre la Spagna avrebbe avuto la Calabria e la Puglia. Federico non poté fare altro che accettare la situazione e, rompendo ogni rapporto con Ferdinando, chiese a Luigi XII di lasciargli la sovranità di Napoli, anche dietro pagamento di un tributo. Purtroppo i patti erano stati già siglati e Luigi non poté tornare indietro, ma, impietosito dal re uscente, lo portò in Francia come suo ospite e gli promise la sovranità su un territorio ed un vitalizio annuo. Federico accettò e partì con pochi fedeli, tra cui Jacopo Sannazaro, ma dopo soli tre anni morì, mettendo fine alla dinastia aragonese.
Gioia Nasti
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