Le isole napoletane (4): Capri

Capri rappresenta una sorta di prolungamento ideale della Penisola Sorrentina, a cui è collegata tramite una dorsale sottomarina di 5 km. Presenta una costa frastagliata con diverse grotte (di cui la più famosa è la Grotta Azzurra) e calette intervallate a ripide scogliere. Le grotte furono molto utilizzate, in epoca romana, come ninfei per le meravigliose ville che furono costruite durante l’impero. Particolarmente famosi sono i Faraglioni, tre picchi rocciosi a sud-est dell’isola, famosi in tutto il mondo e simbolo dell’isola stessa.

Varie sono le teorie sull’origine del nome: Caprea, l’isola delle aspre pietre, Capreae, l’isola delle capre, Capros, l’isola dei cinghiali, Capraim, l’isola dei due villaggi. Certo è che l’isola fu abitata fin dall’epoca paleolitica da nomadi ebrei, osci, pelasgi, fenici, greci. Una leggenda dice che Capri fosse abitata dai Teleboi, un popolo proveniente dalla Grecia nord-occidentale. La leggenda racconta che Telone, in vecchiaia, infrangendo un sacro veto, si unì ad una ninfa del Sebeto generando Ebalo e condannando Capri ad essere ritenuta dagli dei l’isola degli amori clandestini

Storia

Del periodo greco si conosce ben poco; pare che l’isola fosse caratterizzata da una società particolarmente civile, con un Efebo (luogo di educazione dei giovani alla storia, alle lettere, alle scienze) e un circo per la lotta, la corsa, il pugilato ed altre discipline sportive. Le uniche tracce visibili sono resti di mura difensive a nord del centro abitato attuale.

Nel 29 a.C. l’imperatore romano Augusto visitò Capri e se ne innamorò, tanto da chiederla in cambio di Ischia e da costruirvi la sua personale villa. Ma non si limitò alla sua residenza; egli fece costruire strade, acquedotti ed altre ville per renderla meravigliosa. Alla sua morte, augusto designò come successore Tiberio e anche lui ebbe particolare predilezione per Capri. Le sue residenze sull’isola furono addirittura dodici, secondo la tradizione, una per ciascuna divinità maggiore. Fino alla caduta dell’impero romano d’occidente, Capri fu dunque una proprietà personale degli imperatori; nel 476 d.C. passò invece sotto il controllo dei Duchi di Napoli. Per tutto il medioevo, l’isola ritornò nell’ombra; si sa che fu costruito un monastero benedettino dedicato a S. Stefano nel VI secolo e che si avvicendarono numerose scorrerie di musulmani, turchi e saraceni.

Passata ai normanni prima, agli Svevi poi e infine agli Angioini e nel 1230 data in feudo all’ammiraglio di Federico II Eliseo Arcucci, Capri seguì le sorti della guerra tra Angioini e Aragonesi fino all’epilogo con il trattato che sanciva la separazione della Sicilia dal Regno di Napoli.

Sotto il governo angioino, nel 1345, Capri divenne di nuovo feudo degli Arcucci, il cui esponente, Giacomo, fece costruire, per voto, la Certosa ancora presente sull’isola. Alla ripresa della guerra tra Angioini e Aragonesi, nel 1435, e dopo la vittoria di questi ultimi, essendosi Capri schierata sempre dalla parte aragonese, l’isola ottenne tutti i privilegi che aveva già avuto fino a quel momento, ai quali fu aggiunto anche quello del monopolio della pesce dell’aguglia.

Nel 1535 l’isola fu saccheggiata dal Barbarossa e nel 1553 subì l’attacco dell’ammiraglio corsaro Dragut, che incendiò anche la Certosa. Il viceré concesse allora la possibilità di tenere delle armi per organizzare la propria difesa. Ma il male peggiore era la povertà che affliggeva l’isola.

Gli Asburgo conquistarono Napoli nel Settecento, ma nel 1734 Carlo di Borbone si riprese la città facendosi incoronare re delle Due Sicilie come Carlo III. A fine XVIII secolo il Regno di Napoli subì l’invasione napoleonica e, quando i francesi presero Napoli per proclamare la Repubblica Partenopea e re Ferdinando fuggì, a Capri Gennaro Arcucci ed il vescovo Gamboni si schierarono con la Repubblica Partenopea. Al ritorno del re, Arcucci venne impiccato ed il vescovo Gamboni, dopo prigione ed esilio, si rifugiò prima a Roma e poi a Venezia. Re Ferdinando firmò un accordo con Napoleone, che venne rotto però per lo sbarco a Napoli di un contingente di soldati inglesi e russi. Giuseppe Bonaparte, allora, dopo aver conquistato tutte le isole del golfo, tranne Ponza, entrò a Napoli costringendo il re di nuovo alla fuga. A maggio dello stesso anno un contingente navale inglese sbarcò a Marina Grande trasformando Capri in un avamposto fortificato. Nel 1808 Gioacchino Murat successe a Giuseppe Bonaparte sul trono di Napoli e ebbe l’incarico di riconquistare Capri, ma il piano fu svelato. Tuttavia, gli inglesi, convinti che le fortificazioni fossero abbastanza forti da reggere all’impatto, sottovalutarono il rischio. Ad ottobre 3000 tra francesi e napoletani attaccarono le due Marine di Capri, ma fu solo un diversivo; l’attacco maggiore fu ad Anacapri, poco difesa. Conquistata la Scala Fenicia, i francesi portarono a termine il piano puntando i cannoni di Anacapri verso il basso. Lowe si arrese il 18 ottobre. Ma anche il decennio francese era ormai all’epilogo: gli Austriaci sconfissero Murat e la battaglia di Waterloo fece il resto. Nello stesso anno Ferdinando IV ritornò sul trono prendendo il nome di Ferdinando I Re delle Due Sicilie.

Da non perdere a Capri

La Grotta Azzurra

Si tratta di una cavità carsica sul lato nord-occidentale dell’isola. Ninfeo nel periodo romano, conobbe l’abbandono finché non fu riscoperta nel XIX secolo quando fu visitata dall’artista tedesco August Kopisch.

Ai tempi di Tiberio, la grotta era utilizzata come ninfeo marittimo in quanto appendice subacquea della villa di Tiberio. Ad avvalorare questa teoria il ritrovamento di diverse statue romane rappresentanti Poseidone ed altre creature marine che, un tempo, dovevano trovarsi lungo le pareti. Dopo la caduta dell’impero romano, la Grotta Azzurra conobbe un lungo periodo di abbandono; nel Seicento, benché se ne conoscesse l’esistenza, nessuno si avventurava al suo interno a causa di vecchie leggende e credenze che la credevano abitata da spiriti e diavoli. Fu grazie al poeta prussiano August Kopisch che, aiutato dal pittore Ernesto Fries, il marinaio Angelo Ferraro, il locandiere Pagano e l’asinaro Michele Federico, esplorando un antro, riscoprì l’incanto della Grotta, che decise di chiamare “Azzurra” per i riflessi dell’acqua.

Questa riscoperta, e il conseguente inserimento del sito nell’itinerario del Grand Tour, diede nuovo lustro all’isola, tappa fondamentale per numerosi viaggiatori europei dell’epoca. L’ingresso alla Grotta Azzurra si presenta come una fenditura nella roccia di due metri per due ma che si trova a solo un metro sul livello del mare (quando il mare è calmo). Una volta entrati, ci si trova nell’ambiente chiamato Duomo Azzurro, una cavità di erosione larga 25 metri e lungo 60 metri. L’altezza della volta è, in media, di circa 7 metri con punte di 14 metri nelle zone interne. La colorazione blu della grotta è dovuta alla presenza della soglia sottomarina, attraverso cui entra la luce.

I Faraglioni

I Faraglioni di Capri sono tre picchi rocciosi famosi in tutto il mondo; essi hanno tre nomi distinti: il primo, unito alla terraferma, si chiama Faraglione di Terra (o Saetta); il secondo, separato dal primo dal mare, è il Faraglione di Mezzo (o Stella); infine, l’ultimo, proteso verso il mare, è il Faraglione di Fuori (o Scopolo). Nel Faraglione di Mezzoi si vede una cavità, una galleria naturale di 60 metri di lunghezza, e il nome Stella gli deriva dal culto della Madonna della Libera, conosciuta anche come Stella Maris.

Citati perfino nell’Odissea, dove sono dei massi scagliati in mare da Polifemo, il loro nome deriva dal greco “pharos”, faro appunto, in quanto ebbero questa funzione durante l’antichità, quando venivano accesi dei fuochi sulle rocce vicino alle coste per segnalare la rotta ai naviganti.

In realtà esiste anche un quarto faraglione, che si trova dietro gli altri tre ed è molto più basso. È chiamato lo “Scoglio del Monacone” ed il nome deriva probabilmente dalle colonie di bovi marini (una specie di foche) che lo abitavano fino agli inizi del XX secolo. Sullo scoglio si trovano resti di muratura romana che alcuni hanno identificato con la tomba di Masgaba, architetto di Augusto, e altri con vasche di salatura per il pesce.

I Faraglioni presumibilmente facevano parte di un enorme sistema sotterraneo, modellato dagli agenti esterni. I primi agenti furono di certo le acque carsiche, che hanno scavato la roccia fino a 15 metri sott’acqua.

Villa Jovis

Villa Jovis era la villa che l’imperatore Tiberio dedicò a Giove ed è uno degli esempi di architettura romana meglio conservati. Si trova sull’estremo promontorio est di Capri e da lì si può vedere un panorama che abbraccia Ischia, Procida, il golfo di Salerno e la Costa del Cilento. La villa fu costruita nel I secolo a.C. e oggi si possono ammirare solo le rovine.

La villa fu saccheggiata selvaggiamente sotto il Regno di Carlo di Borbone e subì degli scavi durante i quali furono asportati preziosi pavimenti in marmo. Fu recuperata solo nel XX secolo, grazie all’intervento dell’archeologo Amedeo Maiuri.

La Piazzetta

Nata con il nome di piazza Umberto I, è famosa in tutto il mondo. Fino al secolo scorso, la piazza ospitava le bancarelle del mercato, mentre oggi è il salotto VIP di Capri. Da qui partono le strade principali dell’isola, tra cui Via Camerelle, la via dello shopping su cui si affacciano le griffe internazionali più famose. Poco lontano si trova anche il Centro Caprense Ignazio Cerio, un piccolo museo che si trova nei pressi della piazzetta e che conserva circa 20.000 resti archeologici e naturalistici di Capri.

Anacapri

È il comune più esteso dell’isola e si trova alle pendici del monte Solaro con la cui vetta è collegato con una seggiovia. Da Anacapri si può giungere anche a Punta Carena, dove si trova il suo Faro, il più grande d’Italia dopo quello di Genova. Ad Anacapri è possibile visitare la Chiesa barocca di Napoli, con il meraviglioso pavimento in maiolica rappresentante la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, e la Casa Rossa, ex abitazione del colonnello americano John Clay Mackowen, con le sue facciate di colore rosso pompeiano, che oggi ospita una mostra permanente di opere pittoriche che rappresentano Capri e Anacapri e una grossa collezione di reperti ritrovati nella Grotta Azzurra.

Nisida   –   Procida   –   Ischia   

Gioia Nasti
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