Il periodo dei Durazzeschi: da Giovanna II a Renato d’Angiò

A Ladislao successe sua sorella, Giovanna, già vedova di Guglielmo d’Austria. La regina, pressata dalla corte, scelse come nuovo marito un principe francese, Giacomo di Borbone, il quale non avrebbe mai avuto il titolo di re, ma si sarebbe dovuto accontentare del titolo di duca di Calabria e della carica di Vicario Generale del regno. In qualità di Vicario, egli fece arrestare il favorito della regina e, dopo tortura, lo fece decapitare in Piazza Mercato. Giovanna, terrorizzata dalla violenza del nuovo marito, fu costretta ad associarlo al trono. Ne scaturirono le proteste contro i. principe francese nell’agosto 1416. Nonostante tenesse segregata la regina, Giacomo le permise di partecipare al matrimonio di una damigella, così alcuni cavalieri la prelevarono e la scortarono nell’Arcivescovado prima di assediare Giacomo a Castelnuovo. Costretto a cedere di fronte alla volontà popolare, Giacomo capì di non contare più nulla e, dopo tre anni, abbandonò Napoli facendo ritorno in Francia.

Giovanna riprese la sua vita solita ed elargì i suoi favori a Ser Gianni Caracciolo, nominandolo Gran Siniscalco. L’incoronazione di Giovanna II avvenne ad ottobre 1419, ma non portò la pace sperata. Il nuovo papa, Martino V, scomunicò la regina poco dopo l’incoronazione e decretò che il trono era di Luigi III d’Angiò. Giovanna allora chiese aiuto ad Alfonso V d’Aragona, che già dominava la Sicilia e la Sardegna, promettendogli di nominarlo suo erede. Il re non si fece pregare e inviò una ventina di galee in aiuto di Giovanna II, che ratificò l’adozione del re e la designazione a suo erede e successore.

Alfonso V agì a Napoli come se il regno fosse già suo, fece imprigionare Sergianni e cercò di catturare anche la regina, ma invano. Ancora una volta Napoli fu teatro di scontri feroci. Nel 1423 Alfonso V era ormai il padrone della città e aveva assunto il titolo di viceré. Giovanna riebbe Sergianni scambiandolo con alcuni nobili spagnoli fatti prigionieri durante gli scontri a Porta Capuana e revocò l’adozione di Alfonso, trasferendola a Luigi III.

Nel 1424 Sergianni assunse sempre più importanza. Si fece assegnare il principato di Capua e il ducato di Venosa, controllava le finanze del regno, di cui gran parte passarono nelle sue casse, rinsaldò vecchie ed utili amicizie. Giovanna, ormai anziana e stanca del suo favorito, fu convinta a liberarsene. La regina firmò l’ordine di arresto, ma i congiurati si fecero aprire con la scusa che la regina aveva avuto un malore e lo aggredirono nelle sue stanze pugnalandolo a morte. Alla regina fu detto che aveva resistito all’arresto e nella zuffa era stato colpito. Sergianni fu seppellito nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara, dove era stato sepolto anche Ladislao.

Nel 1432, spaventata dal ritorno di Alfonso d’Aragona, Giovanna II revocò l’adozione di Luigi III e la riconfermò per Alfonso, per poi ritornare sulla sua decisione appena pochi mesi dopo. Il 2 febbraio 1345 Giovanna II morì lasciando un testamento nel quale nominava suo erede e successore Renato d’Angiò.

Renato d’Angiò era, alla morte di Giovanna, prigioniero del duca di Borgogna, mentre Alfonso, che si sentiva imbrogliato dalla regina, preparava una nuova spedizione su Napoli. Anche Martino V era morto e il suo successore, Eugenio IV, si rifiutava di riconoscere il testamento di Giovanna II e si riservava il diritto di decidere sulla successione. Intanto nella città i napoletani chiesero che il Consiglio di Reggenza fosse formato anche da rappresentanti del popolo; venne quindi eletta una “Balìa” formata da 10 nobili e 8 rappresentanti del popolo. Essi inalberarono immediatamente gli stendardi del papa e di Renato d’Angiò per far intendere che si aspettavano che la Chiesa ratificasse il testamento della defunta regina. Per dare una maggiore autorità si invitò Isabella di Lorena, moglie di Renato, a Napoli, la quale accettò subito.

Isabella arrivò a Napoli ad ottobre e fu subito ben accolta, ma il suo compito era molto difficile: oltre a tenere a bada Alfonso d’Aragona, doveva confrontarsi anche con chi le chiedeva terre e possedimenti in cambio di protezione sua e del regno. Quando Renato arrivò a Napoli, Isabella non aveva più finanze, avendo veduto o ipotecato tutto ciò che possedeva. Per quattro anni Renato combatté contro Alfonso, spendendo ricchezze ed energie, ma alla fine fu costretto a cedere. Gli aragonesi posero un lungo assedio alla città finché riuscirono ad entrare da Porta S. Sofia e dilagarono dovunque e saccheggiarono tutto. Dieci giorni dopo, Renato, insieme alla guarnigione francese e ai cavalieri che vollero seguirlo, salirono sulle galee genovesi e se ne tornarono in Francia, dove Isabella e i figli lo avevano preceduto già due anni prima.

 

Gioia Nasti
© Tutti i diritti riservati