Il Vesuvio (1)

È l’unico vulcano ancora attivo dell’Europa continentale ed il più abitato (700.000 abitanti distribuiti in 20 comuni su un’area di circa 200 km quadrati). La sua attività è stata causa di sconvolgimenti, anche morfologici, dei luoghi circostanti. Le ricostruzioni delle eruzioni in epoca preistorica hanno individuato almeno 6 cicli eruttivi, a cominciare da circa 17.000 anni fa, contraddistinti da fuoriuscita di pomici, ceneri e lapilli. L’assenza di lava fu dovuta principalmente alla caldera del monte Somma. La morfologia del vulcano è cambiata durante le varie eruzioni, poiché si sono formati depositi vulcanici che hanno fatto avanzare la costa di circa 200 metri. Questi cambiamenti, a loro volta, hanno influito sulla vegetazione, sulla fauna e sugli abitanti delle zone vesuviane. L’attività del Vesuvio può essere sommariamente divisa in 3 grandi periodi:

  • fino al 79 d.C.,
  • dal 79 d.C. al 1631,
  • dal 1631 al 1944.

La configurazione odierna è quella che fondamentalmente si presentava nel 1944: la parte più antica, il recinto del monte Somma, da cui si sviluppa il cosiddetto “Gran Cono”, presenta una corona esterna; la base ha un diametro di 15 km circa ed il Gran Cono di 4 km; il cratere è di 230 metri ed ha i due diametri maggiori (essendo ellittico) di 650 e 550 metri. Le zone sotto il Vesuvio, tra il Sebeto ed il Sarno, furono sempre molto abitate, da Osci, Sanniti, Greci, Etruschi, ed infine Romani. Soltanto questi ultimi, però, colonizzarono la zona ampiamente, addentrandosi all’interno attraverso la Via Nocera (Nocera-Napoli) e al Via Nolana (Nola-Pompei). È a partire da queste due vie principali che si svilupparono poi i  maggiori centri, come Ercolano, Pompei e Stabia, circondati da numerosissime ville rustiche. Quasi mai gli abitanti presero in considerazione l’effettiva forza del Vesuvio; neanche i terremoti precedenti all’eruzione del 79 d.C. fecero allarmare le popolazioni dalle falde del vulcano. Già nel 62 d.C. un’eruzione distrusse a Pompei i templi di Giove ed Apollo e perfino il teatro di Napoli crollò, in quella occasione; anche prima dell’eruzione del 79 d.C. ci furono avvisaglie che però nessuno tenne in conto.

L’eruzione del 79 d.C.

L’eruzione del 79 d.C. fu dettagliatamente raccontata da Plinio il Giovane, che perse lo zio Plinio il Vecchio in quell’occasione. In 3 giorni morirono più di 2000 persone e le città di Pompei, Ercolano, Stabia, Oplonti e gli altri centri alle falde del Vesuvio furono completamente distrutti. Il magma era aumentato sia per la viscosità che per i gas; la diminuzione di pressione aveva causato l’espansione dei gas e violente esplosioni. Una nube di pomici, ceneri e gas si era venuta a formare, provocando, dopo il loro raffreddamento, precipitazioni che seppellirono Pompei. La nube divenne poi ancora più densa e le sue colate seppellirono anche Ercolano ed i centri vicini. Durante la notte, l’attività cessò e molti tornarono a casa per cercare di riprendersi i pochi oggetti preziosi rimasti. Dopo circa 10 ore l’acqua della falda freatica si infiltrò nella camera magmatica, causando un aumento della pressione. Questo provocò un terremoto ed un’esplosione e la nube che fu prodotta oscurò perfino la zona tra Miseno e Capri. Si formò una valanga di magma, gas e materiale solido che coprì completamente Ercolano, rotolando alla velocità di 100 km l’ora. Dopo l’eruzione, l’imperatore Tito sovvenzionò la ricostruzione dei paesi vesuviani. Gli abitanti cominciarono ad associare le eruzioni alla punizione divina ed il Vesuvio al regno dei morti e, con l’avvento del Cristianesimo, alla casa del diavolo. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’interesse storico e naturalistico diminuì, lasciando il posto a superstizioni e leggende. Nel Medioevo, invece, la religione trovò in S. Gennaro un “domatore” della furia del Vesuvio. A lui fu attribuito l’intervento miracoloso durante l’eruzione del 472, presentatasi con emissione di ceneri, che arrivarono perfino a Costantinopoli, e lancio di pietre incandescenti e colate laviche. Questa eruzione fu spiegata con la morte del duca di Napoli, Giovanni III, ritenuto un grande peccatore.

Seconda parte

Gioia Nasti
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