Nata molto probabilmente dal tarantismo pugliese, la tarantella napoletana può essere considerata, a giusta ragione, il ballo più tipico della città. Da un punto di vista etimologico, la tarantella deriva da diversi vocaboli che, chi più chi meno, rimandano alla città di Taranto, non solo per il ruolo di primo piano che la città ebbe nella rievocazione dei balli sfrenati effettuati durante le feste dionisiache (i famosi baccanali), ma anche perché le vesti quasi oscene che venivano utilizzate durante questi balli venivano proprio da Taranto e furono chiamate, per questo motivo, tarentinula. A queste reminiscenze pagane si opponeva fortemente la Chiesa, cercando di reprimere gli istinti orgiastici tipici dei baccanali. Ma il tarantismo tardò a morire, cercando e trovando forme diverse per esprimersi; fu soltanto nel XVIII secolo che la Chiesa riuscì a sradicare questa pratica. Non è un caso che il XVIII secolo, mentre il tarantismo muore definitivamente, nasce a Napoli la tarantella. Sotto l’azione disgregatrice della Chiesa e dietro lo smantellamento della convinzione che il morso della tarantola provocasse le convulsioni tipiche del tarantismo, a Napoli la tarantella acquista dignità di pura e semplice danza. In questa nuova ottica, la tarantella ha due obiettivi: lasciar riemergere gli istinti sessuali dell’antico rito orgiastico dei baccanali da un lato e dall’altro conquistare i salotti della “Napoli bene” trasformandosi così in danza colta e poi folcloristica.
Alcuni autori hanno visto nella tarantella elementi di balli popolari esistenti nel Seicento, come la Sfessania, la Tubba Catubba o la Lucia. Sebbene la tarantella abbia seguito percorsi completamente diversi, ci sono alcuni elementi che lasciano presupporre, se non un’eredità, almeno un’ispirazione a queste danze: il carattere lascivo del fandango, la licenziosità della Sfessania, l’uso di strumenti a percussione tipico della Tubba Catubba si ritrovano identici o leggermente modificati anche nella tarantella. Fondamentale nel processo di trasformazione da tarantismo a tarantella fu l’uso delle nacchere. Fu questo elemento che marcò fortemente la trasformazione in danza cambiando il registro musicale del danzatore.
Se si analizza il processo di trasformazione da tarantismo a tarantella, si potrà vedere che sono gli elementi fondamentali:
- gli strumenti: il tarantismo utilizzava numerosi strumenti mentre la tarantella ne utilizza pochi (3-4 al massimo) che sono di norma strumenti tipicamente napoletani, come il putipù, lo scetavaiasse, il triccabballacche, che sottolineano l’importanza del ritmo più che della melodia (più percepibile con strumenti tipo violino, chitarra o altri strumenti a corde);
- i gesti: i gesti tipici partono dal tarantismo (in piedi, caduta a terra, movimenti effettuati a terra), ma si arricchisce di altre figure proprie, probabilmente mutuate dalle danze popolari sopraccitate; inoltre va sottolineata la prevalenza assoluta delle donne;
- il canto: le cantilene della tarantella sono solitamente di sfondo erotico o sessuale, che era anche caratteristico del tarantismo, ma vengono proposte con una visione del tutto nuova e locale.
Fino al Settecento, la tarantella, da popolare, si trasformò lentamente in una danza colta, che veniva spesso ballata nei salotti nobiliari o borghesi di alto livello. Molte furono le canzoni scritte sul ritmo della tarantella da autori anche riguardevoli, come Rossini, Chopin, Lizst, Mendelsshon, a riprova della sua grande popolarità, che cominciò, però, a declinare già verso al fine del XIX secolo, rimanendo confinata ormai in qualche recita scolastica di fine anno o in qualche spettacolo a tema.
Gioia Nasti
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